L’intervista/Robert Menard, il sindaco visionario di Beziers: “Alla Francia ora serve un compromesso di unità nazionale”

Nella capitale francese del vino c’è un sindaco che si è messo in testa di riunire i conservatori partendo da Beziers, novantamila abitanti dell’Occitania, terra di mezzo (anche in senso economico) tra la ricca Costa Azzurra e l’altrettanto ricca Catalogna.

Robert Menard, 69, anni, al secondo mandato, è acclamato dal popolo esattamente come la moglie, Emmanuel Duverger, deputato all’Assemblea nazionale. Giornalista, laurea a Montpellier, fondatore di Reporter senza frontiere, Menard  è uno che viaggia spedito al 70 per cento delle preferenze. Non ha opposizione, insomma, ed è anche per questo che è diventato un caso nazionale. Non solo per alcune vecchie uscite sulla popolazione islamica (che a Beziers fatica ad accettare l’integrazione) ma soprattutto per la sua visione alta della politica che lo caratterizza in questo secondo mandato. E che ne fa il nuovo tratto distintivo: proposta concreta, azione, lavoro per la sua collettività e per la Francia.

Da qui alla tv il passo è breve: il sindaco di Beziers è sempre sui talk show, in questa dimensione sospesa tra la sua piccola città che vuole riscattare e le enormi questioni dell’Europa unita e della guerra in Ucraina. Ne parla in questa lunga conversazione con Fabrizio Rossi e Claudio Cugusi.

 

Robert Menard con la moglie Emmanuelle Duverger

Menard, che città è Beziers?

“Un luogo paradossale, di forti contrasti che sono nati in gran parte dopo la Seconda guerra mondiale, con il crollo del mercato vitivinicolo. Ci sono più Porsche qui che a Montpellier, che è la capitale, perché ci sono famiglie molto ricche. Ma ci sono anche notevoli differenze sociali e il mio compito è ridurle”.

Come pensa di riuscirci?

Il mio governo ha tre punti fermi. Il primo è il turismo, che vale il trenta per cento del Pil di Beziers. Abbiamo lavorato e lavoriamo per rafforzarlo, con appuntamenti che animano la città come il giovedì sera su Les Halles Paul Riquet e soprattutto con la Feria di agosto, che sta proprio per iniziare. Poi c’è il vino, che vuol dire sostenere la ricerca e la produzione andando sempre più verso la qualità e l’esportazione. Beziers era nota per essere il più grande vigneto del mondo e probabilmente lo è ancora ma se non aiutiamo la qualità delle produzioni non abbiamo capito nulla.

E poi c’è l’industria, il progetto della centrale a idrogeno…

Il Comune ha messo a disposizione 25 ettari del suo territorio per questo nuovo insediamento che porterà a Beziers stabilmente tra i quattro e i cinquemila nuovi posti di lavoro. Siamo stati riconosciuti come uno dei due siti strategici della Francia e ci saranno investimenti pubblici per 200 milioni di euro. Se perdiamo questa occasione il treno della nostra comunità resterà fermo per trent’anni.

Com’è riuscito il sindaco di una piccola città, tra le più povere della Francia, a farsi ascoltare da Parigi?

In realtà tutti i 36 mila sindaci di Francia hanno un peso nella politica francese e per quanto lo Stato sia centralista in realtà ci ascolta. Poi, certo, nel 2014, in occasione della mia prima elezione, potevo apparire figlio di un concorso di circostanze ma i fatti e le rielezioni successive e i numeri, miei e di mia moglie, dicono che evidentemente le nostre politiche sono apprezzate.

Il momento è difficilissimo per chi si occupa degli interessi pubblici, in Francia come in Europa

In Francia siamo a un bivio: la maggioranza non ha vinto e l’opposizione non ha perso. Le ali estreme fanno la guerra a chi governa e rendono tutto instabile. Io sono perché abbia spazio una cultura del compromesso, nel nome dell’unità nazionale. Ma non so se tutti possano aderire perché in realtà sembrano prevalere il peso e soprattutto gli interessi dei singoli partiti. In più, la metà della popolazione non vota o vota spesso forze estreme. Questo rende più difficile mettere in piedi un progetto stabile di governo.

Anche l’Europa non sta benissimo, però. Da giornalista di vecchia data come vede la situazione?

La crisi in Ucraina ha costretto tutti a far ripartire l’Europa unita, che sta mostrando una reazione comune e uno slancio inatteso. Avevamo dimenticato cosa significasse la guerra in Europa e invece ce la siamo ritrovata in casa. Servono alleanze per garantire un mondo libero e serve un rapporto paritario con la Nato per costruire una difesa comune. Che non è stata colpita da “morte cerebrale”, come diceva Macron. Altro che: è viva, eccome. Non c’è alternativa alla Nato e agli Usa, di questo sono convinto. E personalmente sono fiero di essere europeo ma questo non mi impedisce di dire che a Bruxelles c’è molto da migliorare.

A proposito di Ucraina. Beziers ha fatto la sua parte per i profughi?

Ne abbiamo accolto trecento a marzo scorso e molti camion di aiuti sono partiti dalla nostra città. Ora stiamo per ricevere la visita di alcune decine di ragazzi ucraini, che staranno per un periodo da noi.

E i rapporti con l’Italia?

Pochi per non dire nulla. Sono italiane alcune imprese che hanno vinto appalti per grandi opere ma Beziers è legata, soprattutto culturalmente, alla Spagna.

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