A.N.A.S Lazio: le famiglie e i ragazzi al tempo del coronavirus fase 2

Nessuno si sarebbe mai aspettato che un virus tanto subdolo avrebbe devastato, monopolizzato e mutato la vita di tantissime persone al mondo. Il coronavirus è arrivato silenzioso e all’improvviso. Non ha modificato solamente le abitudini delle persone, purtroppo ha portato via tanta gente.

Gli effetti di questa pandemia però sono solo all’inizio. Dopo il picco di emergenza sanitaria, ci sarà anche il picco per l’emergenza psicologica. Molti esperti del settore, tra psicologi e psicoterapeuti, stanno sensibilizzando le istituzioni in merito ai rischi che potrebbero presentarsi sia per i bambini, per gli adolescenti, che per le famiglie stesse.

Non dimenticare i bambini, i giovani e le famiglie, è il primo passo da compiere per le istituzioni per uscire dal Covid-19 senza gravi ripercussioni

A.N.A.S. Lazio, attraverso i suoi esperti, ha intervistato alcune famiglie che hanno vissuto la prima fase di lockdown ritrovandosi catapultati e confinati a casa con figli, didattica e lavoro in smartworking da gestire. Il team di persone specializzate, ha ascoltato mamme e papà che hanno parlato di aver provato emozioni come: stress, ansia, paura, inadeguatezza e preoccupazione, che in psicologia sono definiti compiti emotivi, cognitivi o sociali percepiti dalla persona come eccessivi che potrebbero sfociare in futuro in patologie più serie per la salute mentale e psicofisica. 

Il virus si combatte con la consapevolezza, cautela ma anche con il sostegno delle istituzioni

L’associazione A.N.A.S. è da sempre attenta alle persone ed è attiva al livello sociale su tutto il territorio nazionale con offerte e servizi di ogni tipo e per ogni età e non poteva rimanere in disparte durante questa emergenza mondiale. Con queste testimonianze vuole far sentire la sua voce e il contatto-ascolto alle persone che potranno trovare sempre un punto di riferimento, in un periodo storico così fragile e delicato.

I bambini e gli adolescenti al tempo del coronavirus

Dall’inizio della pandemia sono state chiuse le scuole per ogni ordine e grado in 156 stati, determinando la sospensione dell’istruzione per oltre l’80% degli studenti del mondo intero. Le famiglie intere e gli studenti si sono ritrovati a dover gestire: convivenza forzata, lezioni online, lavoro in smartworking, tempo libero da inventarsi e crisi sanitaria da elaborare con l’incertezza di quello che sarà il futuro. Manuela e Franca, due mamme, ci hanno raccontato come hanno vissuto la prima fase del covid-19 e come si preparano ad affrontare la seconda fase.

Manuela (35 anni) ha un bambino di quattro anni, che non si rende conto proprio della situazione, altroché vive la permanenza a casa dei genitori come una cosa divertente, infatti sin dalla mattina presto vorrebbe giocare e trova curioso vedere le maestre sullo smartphone che impartiscono le spiegazioni per fare i lavoretti da casa. Manuela trova molta difficoltà a intrattenerlo e a trovare stimoli per motivarlo, nonostante la reclusione, anche perché non ha un giardino. Come mamma si sente affaticata perché deve farsi in quattro, si trasforma in maestra, impiegata in lavoro agile, donna delle pulizie e moglie, anche se il marito lo vede poco prima di coricarsi e a malapena riesce a dire buonanotte.

Franca (41 anni) invece ha un bambino di 12 anni, lavora anche lei da casa. La difficoltà più grande che incontra personalmente è legata alla contemporaneità nel dover svolgere l’attività lavorativa, che richiede concentrazione e tranquillità del contesto nei momenti in cui è, per esempio, in conference call o altro e ha la necessità di dover rispondere alle esigenze contingenti di suo figlio, che la vede presente fisicamente ma di fatto è impegnata in altro e non p soddisfarle. Quindi Franca si sente una frustrata, perché accudisce il proprio figlio mentre lavora in modo inadeguato. Più volte il figlio è abbandonato a se stesso. Franca deve gestire il fatto che lui capisce molto bene cos’è il coronavirus ed essendo più grande tende a isolarsi e a non esternare i sentimenti che prova, rifugiandosi tra videogame e TV. Tanto che il bambino ha preso l’abitudine di stare ore davanti alla playstation e anche il vizio di guardare serie televisive anche a ore tarde.

La vita famigliare e lavorativa è mescolata, sia Manuela che Franca si ritrovano a essere madri, essere lavoratrici, garantire landamento della famiglia ed è tutto più faticoso. I figli sono disorientati chi più, chi meno e di certo non possono stare a lungo senza ritornare a una normalità sia al livello di gestione del tempo che delle attività al livello famigliare, sia per il fatto che non è salutare stare lontano dai propri coetanei a lungo termine.

L’adolescenza negata al tempo del covid-19

L’adolescenza è l’età delle emozioni che portano i ragazzi a continui giri sulle montagne russe. Dovrebbero preparare gli esami per la maturità, affrontare il cambiamento fisico, innamorarsi per la prima volta, prendere la patente, partire per il primo weekend all’estero. E invece, con l’emergenza del coronavirus, gli adolescenti si ritrovano a dover seguire regole restrittive e opprimenti, con una convivenza forzata dove tra le mura di casa si respira aria pesante e dove tutti vorrebbero spazio e libertà. Così subentrano sentimenti come: solitudine, rabbia, incertezza, scetticismo e paura.

In Italia con l’esplosione della pandemia è stata attivata subito l’home schooling, ma questo non è sufficiente. Le famiglie vanno seguite e aiutate, sia al livello di educazione parentale, che di supporto psicologico per limitare i livelli di stress, che durante la quarantena e in fase di ripartenza, potrebbero portare a dover gestire in futuro disturbi psicologici o patologie più importanti. Le istituzioni dovrebbero mettersi in ascolto, monitorare l’andamento delle famiglie, supportare i genitori e andare oltre la semplice didattica a distanza per gli alunni segregati in casa e i genitori che sono super eroi all’occorrenza.

A.N.A.S., sensibile e attenta, è vicina a genitori, bambini e adolescenti e sta creando dei laboratori di supporto al fine di coadiuvare e sostenere tutte le famiglie nel periodo post covid-19, rispondendo concretamente con impegno  sociale.

 

Lisa Di Giovanni

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