Gli amanti della sanificazione sempre e comunque e a tutti i costi possono deporre le armi: rimettete dunque alcool e amuchina sui vostri scaffali ma, soprattutto, basta con la pulizia perché potrebbe essere dannosa. Che l’uso di gel e disinfettanti sia una pratica nociva per la salute della pelle è una di quelle ovvietà, peraltro provata dalle dermatiti in aumento in questi ultimi due anni di Covid, che persino mia nonna avrebbe potuto dire. Mia nonna era figlia del suo tempo e, nella più totale ingenuità dettata dai divieti sacrali, chiamava le parti intime le vergogne. Gli apparati riproduttivi maschili ma soprattutto femminili non potevano essere nominati, come se anche e solo pronunciare la parola vagina o pene, conferisse loro la capacità di manifestarsi in tutta la loro pericolosità. Emanciparsi, per la mia generazione, significava quindi uscire dai tabù retrogradi di imposizioni che impedivano donne intelligenti come mia nonna, ad avere paura di profanare i divieti linguistici. Oggi, non solo è vietato nominare gli apparati riproduttivi, classificano troppo il genere, ma impazza il neutro inclusivo. Per gli esperti della neolingua non ci sono dubbi: per non creare discriminazioni di genere è opportuno non categorizzare grammaticalmente il femminile o il maschile, quindi non più buongiorno a tutti e tutte ma semplicemente buongiorno a tuttƏ. La schwa è simbolo del linguaggio inclusivo, così come il corsivo è la parlata senza contrassegni cadenzati regionalmente. Entrambi sono la manifestazione dell’immunodeficienza acquisita sul piano linguistico e il ritorno indietro a periodi di buio esistenziale e identitari.
Anche nei tempi moderni quindi ci sono le vergogne: dopo due anni e passa di lezioni televisive di come lavarci le mani e di come prestare una maggiore attenzione all’igiene personale, ora scopriamo che non solo abbiamo sbagliato tutto ma abbiamo creato una problematica climatica talmente critica che per ripristinare l’ordine delle cose, sarebbe opportuno tornare ai tempi in cui per non lavarsi i capelli si indossava una parrucca (se con pidocchi anche meglio), sulla quale spruzzare un po’ di deodorante per camuffare l’olezzo. Parrucca e mascherina: un po’ come vivere perennemente al carnevale di Venezia.
«Basta sciacquarsi le parti sensibili». A dirlo, senza alcuna vergogna, è il presidente onorario del Wwf, Fulco Pratesi. «Niente doccia, cambio di mutande ogni due-tre giorni e utilizzo dello sciacquone solo se strettamente necessario. Lo sciacquone del wc non si usa solo per l’urina: dopo due o tre volte va bene». Per la serie: aspettiamo almeno che ci sia qualche stronzo galleggiante prima di sprecare l’acqua dello scarico. Non solo. Anche il cambio della biancheria deve essere assolutamente green: «Le mutande si cambiano in maniera ecologica ogni due-tre giorni, a volte di più (chissà a quali motivi si deve la deroga, ndr). La faccia e le ascelle e i punti critici mattina e sera, con una spugna e i barattoli. Mani e piedi rapidissimamente». Per capire se la strategia di Pratesi è funzionale, sarebbe opportuno chiedere pareri a coloro che gli stanno vicino, per ora prendiamo atto della sua buona fede.
Anche nel Medioevo l’igiene intima era gestita dalla strategia tayloristica del risparmia tempo e sii veloce: sarà per questo motivo che si creavano focolai di contagi e mortalità per malattie oggi assolutamente innocue? Se poi restavi bloccato in un cul-de-sac, il rischio di beccarti una secchiata di latrina, era assai alto. In effetti, per combattere la pandemia da Corona virus sono state ripristinate vecchie nomenclature, come quarantena e abluzione obbligatoria. Ma Pratesi non è il solo a sostenere la pulizia corporale per settori, anche il dermatologo Antonino Di Pietro sostiene che troppe docce sono nocive. «La pelle – sostiene il professore – è protetta dalle aggressioni esterne da un film naturale, costituito da sostanze lipidiche, prodotte dalle ghiandole sebacee, e da acqua, secreta da quelle sudoripare. Troppi lavaggi potrebbero addirittura compromettere l’equilibro di questa barriera. Paradossalmente, la cute sarebbe più esposta all’aggressione di agenti esterni, come batteri, funghi, e polveri sottili, causa di infezioni e allergie, diventando più sensibile anche all’effetto dei raggi solari. Si può ricorrere all’abluzione delle parti più soggette a sviluppare cattivi odori, come ascelle, piedi o inguine».
E pensare che a me la doccia serve anche per togliere i pensieri e lo stress della giornata. Per sciogliere i nodi delle fatiche quotidiane si potrebbe fare attività fisica, ma poi si ritornerebbe punto e a capo. A quanto pare non c’è molta soluzione: per salvare il pianeta siamo costretti a puzzare e a stare male con il nostro corpo. Lo ha detto anche il presidente Mattarella durante la sua visita in Mozambico e Zambia per creare una sinergia tra l’Europa e gli Stati africani: «Occorre richiamare tutti a rispettare quegli impegni assunti in queste convenzioni internazionali e a definire e assumere impegni ulteriori. Perché quello che l’esperienza dimostra, giorno per giorno, in tante parti del mondo, è che senza affrontare sistemicamente e seriamente, a fondo, i problemi che pone il cambiamento climatico, contrastandolo, sarà difficile garantire alle future generazioni una vita accettabile sulla Terra. Questo è un altro impegno che richiede collaborazione internazionale».
Siamo passati dal toccare le corde più emotive dei giovani affinché si vaccinassero per salvare i nonni, al puntare il dito sugli adulti del presente che, qualora non rivedessero l’uso ponderato dell’energia idrica, saranno la causa del mancato futuro dei figli. Ma Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas? Questo fu il titolo di una conferenza tenuta da Edward Lorenz, matematico e meteorologo, nel 1972. La risposta non è poi così semplice. O quanto meno esistono diverse teorie. Perché, se da una parte, come disse Alan Turing «Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi», è anche vero, come asserì il matematico David Orrell, che «i cambiamenti che fanno la differenza sono molto più grandi di una farfalla che sbatte le ali». Detto in altri termini: il mondo procederebbe secondo un andamento caotico e, per la legge enunciata da James Yorke, il mondo non seguirebbe un modello preciso al millimetro e quindi prevedibile. La teoria del caos ci dice che il risultato di un evento dipende da diverse variabili: vi è sempre un margine di errore, uno spazio per il caos, un battito d’ali che all’ultimo momento cambia tutto.
Insomma, occorre essere preparati a cambiare i piani in qualsiasi momento. A quanto pare è proprio ciò che stanno facendo i signori che hanno sottoscritto l’agenda 2030: stanno cambiando i loro piani. L’emergenza sanitaria sta perdendo mordente e quindi si inizia a far bollire l’acqua per una nuova manipolazione comunicativa che, si badi, è nuova soltanto come focus emergenziale dal quale far nascere restrizioni idriche ed energetiche, privatizzazioni della res pubblica, controllo degli spostamenti e mobilitazione dei cittadini all’acquisto di mezzi cosiddetti green ma, in realtà, il problema climatico è già stato inserito al punto tredici, dal settembre 2015 quando i governi dei 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto i diciassette punti dell’agenda per lo sviluppo sostenibile. Però solo ora si sente l’esigenza di bloccare le intemperanze umane.
«La crisi climatica è una crisi sanitaria. Bisogna ridurre le emissioni di carbonio da parte dell’assistenza sanitaria». La dichiarazione dell’Oms fa presagire che presto ci saranno delle politiche simili se non uguali a quelle già adottate per la crisi pandemica. I cambiamenti climatici saranno dunque il motivo di nuove restrizioni e controlli sociali? Speriamo di no, perché se così fosse molti dei punti della loro agenda, come quelli che vorrebbero eliminare la fame nel mondo e la povertà, non solo non saranno attuati ma, di contro, si vedrà un peggioramento del male che si dice si vuole curare. Così facendo si sta solo buttando bambino e acqua sporca. Il che non significa che io non creda al fatto che l’Antropocene sia l’era in cui si evidenzia la mano distruttiva dell’uomo sul pianeta, l’uomo ha un’azione invasiva e spesso violenta, indiscriminata e non proporzionata ai bisogni effettivi, tuttavia è anche evidente che gli unici ai quali è chiesto il sacrificio sono coloro il cui battito d’ali non solo non crea uno tsunami, ma neppure una piacevole brezza nella calura estiva.
A dimostrazione di ciò è la notizia secondo la quale il 5 giugno si sarebbe riattivato l’acceleratore di particelle Cern a Ginevra, anche detto LHC.
«Dopo tre anni di fermo tecnico per manutenzione e ammodernamento, è stato riattivato l’acceleratore Lhc al Cern di Ginevra. I due fasci di protoni che ruotano in senso contrario uno all’altro nei 27 chilometri dell’anello del Large Hadron Collider hanno ripreso a circolare a bassa energia. Dopo un periodo di rodaggio che potrebbe protrarsi fino a giugno-luglio, l’acceleratore potrà poi tornare in piena attività con l’aumento dell’intensità dei fasci e della loro energia fino a raggiungere l’energia di regime di 13,6 trilioni di elettronvolt (13,6 TeV), un’energia più elevata rispetto a quella raggiunta nelle fasi precedenti». A spiegarlo in modo entusiastico è Roberto Tenchini, presidente della Commissione scientifica nazionale di fisica delle particelle dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).
Stando agli scienziati che ci lavorano, l’impatto ambientale è ridotto al minimo. «Per limitare le emissioni dirette di gas serra del CERN, per lo più legate all’uso di vari gas fluorurati (F-gas), gli esperimenti hanno lanciato una campagna di riparazione delle perdite per ridurre le emissioni di gas fluorurati. Il secondo lungo arresto ha anche segnato il primo passo verso la sostituzione dei gas fluorurati con anidride carbonica nei sistemi di raffreddamento dei rivelatori. La CO2 ha un potenziale di riscaldamento globale sostanzialmente inferiore rispetto ai gas fluorurati. Questo sforzo contribuisce all’impegno dello scorso anno di ridurre i gas serra del 28% entro la fine del 2024».
L’argomento non è semplice, ma una cosa è abbastanza chiara, questa struttura sarà accesa 24 ore su 24 e succhierà molta energia: la prima tappa aveva permesso all’acceleratore di lavorare ad una potenza di 7,4 TeV (misura di potenza calcolata in trilioni di elettrovolt) e dopo il primo potenziamento si era arrivati a 11,3 TeV, mentre la potenza attuale per i prossimi esperimenti è stata dichiarata a 13,6 TeV con un consumo stimato di energia pari a 13.000 elettrovolt. «I raggi circolano già nel complesso dell’acceleratore del CERN da aprile, con la macchina LHC e i suoi iniettori rimessi in servizio per funzionare con nuovi raggi a maggiore intensità e maggiore energia. Ora, gli operatori di LHC sono pronti ad annunciare i fasci stabili, la condizione che consente agli esperimenti di accendere tutti i loro sottosistemi e iniziare a raccogliere i dati che verranno utilizzati per l’analisi fisica. L’LHC funzionerà 24 ore su 24 per quasi quattro anni con un’energia record di 13,6 trilioni di elettronvolt (TeV), fornendo maggiore precisione e potenziale. Concentreremo i fasci di protoni nei punti di interazione su una dimensione del fascio inferiore a 10 micron, per aumentare il tasso di collisione. Rispetto alla Run 1, in cui l’Higgs è stato scoperto con 12 femtobarn inverse, ora nella Run 3 consegneremo 280 femtobarn inverse 1. Si tratta di un aumento significativo, che apre la strada a nuove scoperte» ha spiegato Mike Lamont, Direttore per gli acceleratori e la tecnologia.
Tutto questo in un momento storico in cui è già iniziato il quotidiano tam tam del terrorismo ambientale e la ridistribuzione dell’energia secondo un uso moderato e consapevole.
«È inevitabile il razionamento del gas in autunno in Italia. Il governo deve spiegarlo agli italiani. Siccome alcune industrie non possono farne a meno, bisognerà ridurre il riscaldamento nelle abitazioni». A dirlo è Franco Barnabè ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo. «Italia deve preparare un piano di razionamento e va spiegato da adesso ai cittadini».
Quindi l’uomo comune dovrà contare quante volte cambiarsi le mutande (per la serie siamo più realisti del Re a Castenaso, in provincia di Bologna, è stata emessa un’ordinanza anti sprechi firmata dal sindaco Carlo Gubellini che prevede il divieto ai parrucchieri di lavare i capelli ai clienti due volte), mentre la scienza potrà continuare con il suo percorso sorvolando sui punti quattordici e quindici dell’agenda 2030, che vedono come presupposto da raggiungere la salvaguardia degli ecosistemi terrestri e marini; tralasciando i punti otto e nove, che vorrebbero una crescita economica attraverso una piena occupazione dignitosa favorita dall’innovazione industriale sostenibile e a misura d’uomo; calpestando la riduzione alle disuguaglianze e il consumo di produzione responsabile. Per non parlare poi della pace e della giustizia, concetti che riescono sempre ad attrarre ma che, a conti fatti, restano solo parole.
Intanto, noi plebei possiamo solo intimare Altolà al sudore, sperando di poterci fare la doccia tutte le volte che il nostro corpo ce lo chiede.
Michela Pisu
(Fonte: www.corriere.it; www.quotidiano.net; www.corriere.it/scienze; www.tomshw.it/scienze/; www.home.cern/