ARTIGIANATO/Da oltre 50 anni realizza le balestre dei briganti. Con i coltelli a forma di foglia d’ulivo in Basilicata si “lavava” l’onore

Da oltre 50 anni non fa altro che forgiare e modellare coltelli. Ma non sono coltelli normali, sono coltelli storici visto che prototipi di questo genere erano tra le armi preferite dei briganti lucani, che le usavano per i duelli e per lavare col sangue torti e soprusi ricevuti dal “nemico”, ossia dai feudatari del Settecento e dell’Ottocento. Coltelli meglio conosciuti come <balestre>. Una passione innata per il maestro artigiano Vito Aquila, uno che mantiene alta in Basilicata la bandiera dell’artigianato. Vito Aquila ha infatti iniziato a coltivare questa passione da quando aveva 14 anni. Tuttora trascorre ore e ore nel suo laboratorio artigianale a creare coltelli che ormai sono conosciuti in tutto il mondo, visto che uno di questi prototipi è stato ordinato e venduto all’ambasciata italiana in Giappone. Un lavoro antico frutto di una passione che coltiva dall’età di 14 anni. “Ho iniziato nell’orfanotrofio grazie al maestro Giuseppe Galasso che mi ha trasmesso questa passione – spiega Vito Aquila – “un mestiere che ho poi iniziato a praticare a tempo pieno dall’88. Ora ho 72 anni e continuo a creare balestre, anche se devo confessare che le mie mani iniziano a essere più lente e ci impiego più tempo per realizzarle: 14-15 all’anno”.

Coltelli artistici, pezzi unici, uno diverso dall’altro. Coltelli impreziositi talora da motivi di oro o argento, a seconda delle richieste, o coltelli con la lama damascata. Ma tutti con le medesime caratteristiche. Coltelli a foglia di oliva che possono costare anche qualche migliaia di euro.

La storia e le leggende su questa lama sottile

Le origini di questi coltelli la si fa risalire al 1600. Secondo una leggenda la balestra fu usata la prima volta nel 1700 da un fabbro che avendo conosciuto una trovatella decise di sposarla. Ma dovette fare i conti con un feudatario dell’epoca che rivendicò il diritto allo ius primae noctis. Così il fabbro per difendere l’onore della sua amata inventò la micidiale arma con la lama sottile, affilata e a forma di foglia d’ulivo, che la donna nascose sotto la sua veste. La promessa sposa rispose alle ripetute pretese del feudatario con un micidiale fendente: il nobile stramazzò a terra e morì dissanguato.

La balestra, dunque, oltre che un coltello che evoca mitiche pagine di storia è un coltello nobile visto che può essere impreziosito con decorazioni in argento e in ottone e a volte, su richiesta, anche in oro. Coltelli preziosi che per tutto l’Ottocento e parte del Novecento testimoniavano il carattere fiero e risoluto del popolo aviglianese, come attestato dalla lunga casistica di riscontri documentari.

La fantasia dell’artigiano -artista

E Vito Aquila ha ripreso e portato avanti questa antica tradizione, unica al mondo, come lui stesso precisa con una punta di orgoglio. Sceglie con cura gli acciai per la creazione di coltelli: damascato forgiato a mano, acciaio per la molla; alpacca, ottone e argento per le varole, oro e argento per le incisioni sul manico di corno. Il resto è lasciato alla fantasia dell’artigiano-artista. Che spiega: “Le balestre erano armi di difesa e offesa preferite dai briganti che, mantello sul braccio sinistro, impugnavano questa micidiale arma che usavano nel corso dei duelli”. Una balestra ha tre scatti: uno scrocchio, come si dice in gergo, per avvertire l’avversario della presenza dell’arma. Un altro per lanciare la sfida. Al terzo scrocchio iniziava il duello. Anche l’avversario si avvaleva degli scrocchi con i quali accettava la sfida. Nulla si faceva a voce. Ma la volontà di lanciare la sfida era affidata al “suono” degli scrocchi della balestra di turno. La forgia avviene nel fuoco a carbone fino a quando la lama non diventa tagliente”.

Ad Avigliano ci sono testimonianze dirette di questa tradizione da parte di alcuni anziani, che raccontano episodi di briganti, in cui irrompe l’immancabile balestra.  Insomma, una altissima forma di artigianato che conferma la volontà dei lucani di mantenere inalterate le proprie tradizioni. “Ogni anno infatti “- spiega Aquila – “partecipo a una mostra specialistica a Milano. Una mostra che ha un richiamo internazionale e che attira numerosi collezionisti e amanti di questa tradizione”.

E’ anche una ghiotta occasione per intrecciare nuovi rapporti. “La balestra”, puntualizza Vito Aquila, “è un pezzo unico: uno diverso dall’altro”. E non potrebbe essere diversamente visto che per realizzare una balestra con tutti i crismi mediamente ci vogliono almeno una ventina di giorni. Di lavoro e di passione. “Una volta – chiosa il maestro Vito – si usava questo tipo di coltello solo per difendere l’onore: ora invece purtroppo può spuntare quest’arma micidiale anche nel corso di una lite per futili motivi”.

(nella foto il maestro Vito Aquila mentre costruisce balestre nel suo laboratorio artigianale)

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