Wizz Air, la compagnia low cost ungherese, ha annunciato che sospenderà tutti i voli da e per la Moldavia dal 14 marzo: è soltanto l’ultima (e pessima) notizia in arrivo dal nuovo fronte caldo della guerra dell’Est. I blocchi Ucraina – Russia sono sempre contrapposti ma ormai tirano in ballo anche la repubblica neutrale della Moldavia, vicina alle idee dell’Europa unita e non distante dalla Nato con la presidente Maia Sandu. Ma prossima in qualche modo anche alla Russia, a causa dell’affetto reciproco che lega la repubblica separatista di Transnistria e Mosca. A Tiraspol (dove c’è un aeroporto), ossia la capitale della repubblica separatista ma soprattutto nei dintorni sono migliaia i russofoni russi (con tanto di passaporto) che in questo conflitto hanno apertamente preso le parti del Cremlino anche se i media mainstream ne partano poco o nulla. La previsione è facile: nel caso in cui dovesse scoppiare il conflitto in casa sapranno da che parte stare e si uniranno al contingente di duemila soldati russi di guardia da anni alla polveriera di Cobasna. Insomma, una terra di mezzo che la geopolitica monitora da anni e che il conflitto ucraino ha messo al centro dell’attenzione.
Ventimila tonnellate di munizioni: fanno gola all’Ucraina?
Fonti della Nato affermano che una decina di anni fa nell’immensa santabarbara di Cobasna (non distante dall’oblast di Odessa e soprattutto a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina), la più grande dell’Est Europa, furono fatte brillare munizioni per circa 20 mila tonnellate. Residuati pericolosi dell’ex Urss: l’unico modo per farli saltare in sicurezza fu farli detonare sul posto a pezzo a pezzo. Avanzano ancora, in quell’immnensa caserma costituita da decine di caseggiati, altre ventimila tonnellate di munizioni. Le presidiano da anni almeno duemila militari russi e certamente, visto lo stato della guerra, fanno gola anche a Kiev. Che secondo fonti russe sta ammassando al confine ucraino migliaia di soldati (anche pezzi del battaglione Azov) e armi, preparandosi a quella che sembra un’invasione. Dio non voglia che un incidente, chiamiamolo così, la faccia saltare per aria: sarebbe un disastro ambientale di grandissima rilevanza. Senza parlare delle conseguenze politiche e belliche, imprevedibili.
Mosca e Kiev si accusano a vicenda
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov si è detto ieri preoccupato “per la sfida politico-militare rappresentata dalla Transnistria” (che pure la Russia non ha ancora riconosciuto), definendola “una situazione tesa, provocata dall’esterno”. Peskov non lo dice ma la paura di Mosca è che l’Ucraina possa annientare il contingente russo e impadronirsi della polveriera per dare al mondo un segnale di potenza offensiva e di rovesciamento delle forze in campo, ora che in una Bakhmut ridotta a macerie la situazione è segnata a favore dell’Armata rossa. Sarebbe un atto di guerra, certo: ma non condannabile dai governi dell’Occidente visto che la Transnistria è considerata dall’Unione europea (e anche dal governo di Chisinau) una propaggine amministrativa della Federazione russa. Da conquistare per fare scorta di quelle munizioni che l’esercito ucraino non ha più per far lavorare le sue armi di provenienza ex russa. Piccola nota: cinque giorni fa Putin ha revocato la sovranità alla Moldavia: teme che da lì parta l’attacco ucraino e dunque il nuovo fronte di guerra. Oppure si prepara ad attaccare da lì la vicina Odessa, a oggi soltanto sfiorata dal conflitto?
Ovviamente Kiev smoscia i rumors e prova a raffreddare: il Dipartimento di Stato nega movimenti di ammassamento truppe al confine con la Transnistria accusando l’intelligence russa di diffondere fake news per generare disordine tra i governanti e i cittadini della piccola Moldavia. Ma la tensione è altissima. Raggiunto al telefono, il geopolitologo Martin Sandu (rumeno che insegna all’Accademia di Difesa di Moldavia) cerca le parole giuste: “E’ un momento molto difficile, siamo tutti in attesa di notizie e di capire come si evolverà questo quadro complesso”.
Claudio Cugusi