La riforma (ddl di conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, contenente “Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio“) ha il merito di dare una soluzione adeguata ai problemi prospettici della categoria, preservandone lo spirito mutualistico.
Tre sono le principali sfide che le BCC devono affrontare oggi: le conseguenze della crisi economico-finanziaria, l’evoluzione della regolamentazione e della supervisione e le esigenze di cambiamento indotte dal progresso tecnologico. Non si tratta di sfide diverse da quelle che tutto il sistema bancario deve affrontare, ma le BCC le fronteggiano in una condizione di maggiore debolezza perchè il modello di governance ne limita le capacità di raccolta del capitale di rischio e i vincoli territoriali e operativi non ne consentono l’adeguata diversificazione.
Inoltre a fronte dell’accrescente rischiosità, le BCC hanno effettuato ingenti rettifiche di valore, similmente alle banche di dimensioni maggiori. Le rettifiche si sono inevitabilmente riflesse sugli equilibri reddituali.
Vi è, pertanto, la probabilità che un numero non marginale di BCC vada incontro a tensioni a causa della difficoltà di alimentare il patrimonio nella misura e con la rapidità imposti dal contesto regolamentare, istituzionale e di mercato.
Le novità normative e i progressi verso l’Unione bancaria intervengono in una fase in cui la principale fonte di patrimonializzazione delle BCC, l’autofinanziamento, si è drasticamente ridotta ed è divenuta generalmente insufficiente.
In tale situazione si è reso necessario mettere in atto meccanismi di mutuo sostegno per la soluzione delle situazioni di difficoltà all’interno del settore che riducano al minimo le ripercussioni sui creditori e sulla stabilità finanziaria, meccanismi che presuppongono un’integrazione del settore più stretta di quella finora realizzata.
La riforma unisce l’obiettivo di favorire il rafforzamento patrimoniale delle BCC con quello di tener conto dei vincoli posti dalla normativa per il riconoscimento del gruppo e di creare i presupposti per una crescita di efficienza e per un miglioramento della qualità degli assetti di governo e di gestione delle singole BCC.
L’assetto operativo e organizzativo della capogruppo con la riforma consente di sfruttare significative opportunità in termini di economie di scala, di razionalizzazione delle reti distributive, di finanziamento degli investimenti, di salvaguardia e promozione della posizione competitiva dell’intero settore.
L’impostazione della riforma del credito cooperativo introdotta con il decreto-legge n. 18/2016 è in linea con tali necessità.
L’elemento chiave della riforma è il “gruppo bancario cooperativo”, istituto introdotto ex novo nel Testo unico bancario. Di esso farebbero parte le BCC affiliate attraverso un “contratto di coesione” e le altre società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla capogruppo.
La riforma individua direttamente alcuni contenuti minimi del contratto “di coesione” che disciplina i poteri di direzione e coordinamento della capogruppo sulle BCC aderenti, la garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche del gruppo, le condizioni di ammissione nel gruppo.
Per facilitare la patrimonializzazione delle singole BCC, sono innalzati l’ammontare massimo di capitale detenibile da un socio e il numero minimo di soci di una BCC. Si interviene sulle “azioni di finanziamento” per ampliarne le possibilità di utilizzo e potenziarne l’efficacia come strumento di sostegno patrimoniale intra-gruppo.
La soluzione individuata col decreto-legge prevede che una o più BCC, almeno una delle quali con patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro al 31 dicembre 2015, potranno chiedere alla Banca d’Italia, entro 60 giorni dalla conversione del decreto, l’autorizzazione a conferire le rispettive aziende bancarie a una società per azioni autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria.
All’atto del conferimento, la BCC conferente deve versare al bilancio dello Stato il 20 per cento del proprio patrimonio.
La riforma del credito cooperativo è, insieme con quella delle banche popolari, un tassello fondamentale della strategia di consolidamento del sistema bancario italiano; rafforza la capacità del settore finanziario di contribuire alla ripresa dell’economia.
Al credito cooperativo italiano la riforma offre gli strumenti normativi per irrobustirsi, reggere il confronto competitivo e le sfide dell’Unione bancaria senza rinunciare alla propria missione; per continuare a essere parte importante di un sistema finanziario pluralistico, protagonista dello sviluppo economico e sociale del Paese.