Al 170esimo giorno di guerra si arriva a un passo dal disastro globale: una bomba lanciata dall’esercito ucraino è finita a 10 metri dal deposito di scorie della centrale nucleare di Zaporizhzhia. La notizia, drammatica e allarmante, è stata diffusa nel primo pomeriggio di oggi da SkyTg24 e testimonia del sempre maggiore inasprimento della guerra in corso. Kiev non smentisce la responsabilità ucraina: “La Comunità internazionale reagisca immediatamente per cacciare gli occupanti russi dalla centrale”, dice Zelensky nell’agenzia, mentre fonti del Cremlino accusano apertamente: “Atti criminali dell’Ucraina spingono il mondo sull’orlo di un disastro paragonabile a Chernobil”.
Ma il colpo d’artiglieria ucraino che si è abbattuto a soli 10 metri dal deposito di combustibile nucleare porta il conflitto ad un punto estremo verso il quale la comunità internazionale non può rimanere inerte. Da parte occidentale l’amministrazione Usa si affretta a manifestare il proprio appoggio all’urgenza di realizzare una zona demilitarizzata intorno alla centrale di Zaporizhzhia. In questa direzione, però, la Federazione russa pone il suo fermo diniego: “La smilitarizzazione dell’impianto -ha detto l’Ambasciatore russo presso le Nazioni unite, Vasyl Nebenzia- non va incontro alle volontà di Mosca: potrebbe rendere vulnerabile l’impianto per quanti intendono visitarlo”.
A 170 giorni dall’inizio della guerra, bisogna anche dire che risuonano cariche di una verità eclatante le riflessioni di un giudice costituzionale, giurista e accademico del calibro di Gustavo Zagrebelsky; considerazioni che la maggioranza delle forze parlamentari italiane non potrà celare da qui al 25 settembre prossimo: quando si dovranno decidere anche le linee del nuovo governo in politica estera e, in particolare, in riferimento alla partecipazione italiana alla guerra in Ucraina. Il tema sarà tra quelli più dirimenti per alleanze raffazzonate all’interno delle quali si manifestano posizioni assolutamente divergenti proprio riguardo alla cobelligeranza italiana, e in seguito al redde rationem consumato tra Pd e 5Stelle. Ed è anche su questo tema che interviene il costituzionalista. Che dire, poi, quando Fratoianni (Sinistra italiana) convinto assertore del ‘no’ all’invio di armi in Ucraina stringe un connubio elettorale ‘avvelenato’ con il Pd di Letta che, invece, è tra i primi sostenitori dell’armamento italiano e internazionale destinato all’esercito di Kiev? La questione è etica e non può essere facilmente distratta: i nodi verranno, quindi, al pettine se, nel frattempo, i combattenti non troveranno un accordo per il cessate il fuoco che, però, pare sempre più improbabile nel breve termine.
Ed ecco allora perché si dovranno tenere in conto (come non è stato fatto fino ad oggi) non solo le dichiarazioni di Zagrebelsky ma anche di quanti in Italia (e secondo tutti i più recenti sondaggi demoscopici si rivela essere la maggioranza degli italiani) si oppongono fin dal Febbraio scorso alla cobelligeranza italiana ritenendo che la Comunità internazionale ha il dovere di agire con un’efficacia che non ha usato alla vigilia della guerra con lo strumento della mediazione diplomatica.
Cosa ha detto Zagrebelsky di così determinante in diverse interviste rilasciate nel mese di Luglio 2022 a Micromega e al Fatto Quotidiano?: che la Costituzione italiana è stata calpestata: “Si possono fare e si fanno guerre per delega o procura, mandando aiuti materiali e finanziari, mezzi militari, soldati, mercenari, contractors, istruttori. Non si “dichiara” la guerra, ma la si “fa”. A me pare evidente che il “ripudio” imposto dalla Costituzione vale sia per le guerre dirette, che per quelle indirette. Il “neo-colonialismo” del nostro tempo usa questi mezzi. Ma, ciò che è vietato per le une è vietato anche per le altre”.
Riguardo poi alla ricerca di una pace quanto mai necessaria sul fronte di guerra ucraino, il costituzionalista dichiara: “Se sai che la guerra è senza speranza ma la fai ugualmente, non sarà che vuoi la guerra per altri motivi? Davvero in Ucraina si è convinti di sconfiggere la Russia e di poter costringerla alla resa? Davvero si crede all’efficacia di strumenti come le sanzioni economiche che non hanno mai funzionato nei confronti di popoli abituati alle più disperate resistenze in nome di ‘guerre patriottiche’?”.
E, infine, Zagrebelsky giudica negativamente anche gli atti che i parlamentari italiani hanno approvato e secretato riguardo alla tipologia di armi all’Ucraina: “Non si capisce perché non si possa sapere quali siano gli apparati e gli strumenti militari inviati dal governo italiano. Segreto militare? Una volta inviati e messi sul campo si saprebbe benissimo che cosa sono. Si vuol che si sappia solo a cose fatte? In altri Paesi che partecipano alla fornitura di armi all’Ucraina vige la pubblicità. Sapere quali sono è essenziale per comprendere la natura della partecipazione italiana alla guerra in Ucraina. Che cosa si nasconde? La natura dell’industria bellica in Italia, forse?”.
Insomma il grande costituzionalista mette il dito nella piaga e lo fa con l’autorevolezza (che scatena in alcuni un vero timore reverenziale per le funzioni svolte dal giurista) che gli consente di esprimere affermazioni senza essere ascritto tra i putiniani, come accade invece a quanti (comuni cittadini) con le medesime motivazioni, hanno sostenuto, fin dall’inizio, la barbarie della cobelligeranza italiana. E’ certo, però, che ulteriori sue prese di posizione rispetto alla guerra ucraina e rispetto alle recenti ambigue operazioni per costruire alleanze spurie nello schieramento di Centrosinistra, chiariscono definitivamente che l’Italia (come milioni di pacifisti hanno sostenuto) dovrebbe avere il coraggio di prendere una decisione divergente dalla compagine atlantista: un atto di autonoma scelta in politica estera che non inficerebbe il suo permanere nel Patto: “Da parte della dirigenza del Pd (non so qual è il sentire dei militanti) è stato pronunciato l’anatema: ‘Mai più con i 5 stelle perché hanno fatto cadere il governo Draghi’. Questo fatto è dunque una macchia indelebile? Ma la politica non è fatta di queste cose. Mi pare incomprensibile che, registrate le colpe, archiviato il discorso sulle responsabilità, non si dica: ‘Malgrado tutto guardiamo avanti’. Allora la mia impressione è che ci sia un non detto dietro questo anatema, vale a dire che la ragione di esso non risieda nella caduta del governo ma nel fatto che su alcune questioni di politica estera e di politica militare il movimento 5 stelle abbia assunto posizioni leggermente autonome rispetto al blocco Nato-Europa atlantica-Stati Uniti. Questo mi pare il punto. Ma davvero il nostro Paese non ha lo spazio per una politica minimamente autonoma? È chiaro che siamo dentro un sistema ma non è detto che ciò implichi cieca obbedienza. Siamo in un sistema, ma per dignità nazionale dovremmo avere voce per incidere su di esso, per orientarlo. Ho l’impressione che dietro l’ostracismo nei confronti del movimento 5 stelle ci sia l’intolleranza nei confronti del minimo scarto, del minimo gesto di autonomia”.
Paolo Maria Rocco
(foto: Ucraina; fonte “La Stampa”)