Situazione sempre più tesa in Moldavia: nella capitale Chisinau dalle prime ore della mattina si sono riversate migliaia di cittadini inferociti contro il caro vita e il prezzo del gas, che chiedono le dimissioni della presidente Maia Sandu. Ci sono state decine di cariche della polizia, arresti di manifestanti. Autobus in partenza da alcune città e diretti a Chisinau, con a bordo manifestanti, sono stati bloccati dalla polizia. Centinaia di persone sono andate a Chisinau da Balti a piedi. Il ministero degli Affari interni moldavo ha spiegato che il blocco delle strade in diverse parti del Paese è stato necessario per sventare una “operazione pianificata per organizzare rivolte di massa e destabilizzare la situazione”.
Le forze di sicurezza hanno cercato di fermare anche la vicepresidente del partito di opposizione Shor, Marina Tauber, ma i manifestanti l’hanno difesa. I manifestanti, che sono comunque riusciti a raggiungere il centro di Chisinau, hanno formato colonne, ma la polizia li ha fermati davanti al palazzo del Parlamento. I manifestanti hanno gridato “Abbasso Maia Sandu!” e “Dimissioni!”, affermando che hanno il diritto di protestare. L’aeroporto di Chisinau è stato evacuato a causa di un allarme bomba, scrivono i media locali.
La crisi moldava
Dopo le dimissioni del Primo Ministro Natalia Gavrilița il 10 febbraio scorso e l’insediamento di Dorin Recean, la Moldavia si trova ad affrontare nuove proteste e manifestazioni in piazza, con i governi di Kiev e Mosca che si rimpallano la responsabilità, accusandosi reciprocamente di provocare tensioni nel piccolo stato confinante con Romania e Ucraina. Inoltre, continua a diventare sempre più caldo il fronte al confine con la Transnistria (Repubblica Moldava di Pridnestrovie), stato indipendente de facto all’interno della Moldavia con capitale Tiraspol. Intorno alle 13:00 di oggi è prevista una manifestazione antigovernativa (l’ennesima, negli ultimi mesi) nei pressi del palazzo del Parlamento. I cittadini moldavi continuano a protestare contro l’aumento dei prezzi del gas e dell’inflazione, che hanno avuto enormi ripercussioni sulla vita dei cittadini.
L’opposizione chiede al governo formato dal Partito di Azione e Solidarietà (PAS) di Maia Sandu di contribuire al pagamento delle bollette degli abitanti moldavi per l’inverno. La mobilitazione è già cominciata e sembra, al momento, che la polizia moldava stia trattenendo macchine e autobus intende a dirigersi verso il centro della capitale.
Maia Sandu, le ingerenze russe e la spinta europeista
Maia Sandu accusa da settimane la Federazione Russa di tramare per rovesciare il governo moldavo e Kiev ammette di essere in possesso dei dettagli del piano di Mosca per spodestare la democrazia in Moldavia, mentre la linea ufficiale del piccolo stato si avvicina sempre di più all’Europa e alla Nato. La stessa premier dimissionaria Gavrilița, parlando riguardo le proteste all’interno del paese e della linea europeista, ha dichiarato che “nonostante le numerose crisi che il paese ha dovuto affrontare, i nostri progressi sono stati molto apprezzati dall’Unione europea. Se il governo avesse avuto lo stesso sostegno anche in Moldavia saremmo stati in grado di portare avanti le riforme più rapidamente“.
Il partito di opposizione Shor e numerosi oligarchi filorussi moldavi sono stati accusati di fomentare le proteste nelle vie di Chișinău, addirittura cercando di assaltare palazzi governativi già nel mese di febbraio. Partiti di opposizione che invece accusano il governo di un uso della forza spropositato da parte della polizia, di non voler mantenere la neutralità garantita dalla Costituzione e di non supportare abbastanza i propri cittadini nel far fronte all’inflazione e ai prezzi di gas ed elettricità sempre più alti. Inoltre, anche la questione linguistica rumena-moldava e delle minoranze russofone del paese sta scaldando il tavolo di dibattito negli ultimi tempi.
Transnistria, lo stato che “non esiste” ma che fa tremare l’Europa
Infine, la situazione pare essere sempre più tesa sul confine con la Transnistria. La regione indipendente, enclave russa e sede del secondo più grande magazzino di armi ex sovietiche d’Europa, non è riconosciuta a livello internazionale neanche dalla Russia. Mosca accusa l’Ucraina di aver ammassato numerose truppe al confine per assicurarsi le riserve di armi protette da un piccolo dislocamento di soldati russi e della repubblica indipendentista. Kiev dichiara invece di temere che la Russia possa aprire un altro fronte. La Romania e l’Europa seguono con attenzione gli sviluppi di una vicenda che pare sempre più tesa in tutte le ex repubbliche Urss.