Cosa non si fa per Bacco! C’è una fetta di Basilicata che lavora e produce per il dio del vino. E lo fa bene. Il segreto si racchiude in un vulcano ormai spento. Un vino figlio del Vulture, da tempo diventato uno dei nettari più apprezzati in Italia e all’estero. Basti pensare che il buon vino lucano occupa un ruolo di spicco nel panorama internazionale, visto che è riuscito a <catturare> persino i palati esigenti dei giapponesi. Un vino gustoso ed equilibrato, prodotto da circa quaranta cantine scavate nel tufo, grazie alla presenza di numerose sorgenti minerali e terreni lavici. Circa 1500 ettari di superficie iscritta all’albo dei vigneti, e dei vini Doc, lungo le pendici del Vulture, con una produzione di due milioni e mezzo di bottiglie all’anno.
Dal Vulture benessere economico per i vitivinicoltori
Quel vulcano che nei secoli è stato fonte di distruzione e di morte ora sta restituendo, con gli interessi, benessere economico ai numerosi vitivinicoltori, che sono riusciti a produrre un vino tra i più celebrati del mondo. Da molti definito il <Barolo del Sud> anche se, con tutto il rispetto del buon vino piemontese, non teme la concorrenza di nessuno.
L’Aglianico del Vulture si produce in sedici centri della Basilicata (Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo San Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania, Montemilone). Ed ora è diventato una delle eccellenze di tutta la regione.
Nella cantina di Elena tutti i segreti del vino
In questo panorama, un posto di primo piano è riuscito a ritagliarselo una imprenditrice di circa 40 anni, Elena Fucci, a Barile (circa 600 metri di altezza, poco più di 700 abitanti) che ha dato il nome al suo vino. Una etichetta che in dieci anni è riuscita ad imporsi a livello internazionale, tanto che nella cantina di Elena si producono dalle sedici alle ventimila bottiglie all’anno. Una produzione di nicchia che è riuscita a veicolare il <made in Italy> in numerose nazioni, con esportazioni in America, Nord Europa, Giappone, Brasile, Canada, Cina, Svizzera, Francia, Germania.
Amore e attaccamento per la propria terra
La storia di Elena Fucci è una storia costellata di successi. Innanzi tutto una storia di attaccamento alla sua terra. La giovane imprenditrice, infatti, aveva deciso, dopo gli studi liceali, di iscriversi a ingegneria. Poi il richiamo della sua terra è stato molto più forte. Perché lasciare quei sei ettari di terreno, l’eredità prima del nonno, poi del padre Salvatore, ad altri? Qui è scattato l’orgoglio di Elena, che ha deciso di mettere da parte le sue aspirazioni per prendere le redini della sua azienda, che prima si limitava solo alla raccolta dell’uva, che conferisce al vino un colore intenso rosso rubino. <Così – racconta Elena Fucci – ho deciso di dare un corso diverso alla mia vita dedicandomi anima e corpo alla viticoltura. Nel 2000 mi sono iscritta alla facoltà di Agraria, a Pisa, per iniziare un percorso che ho fatto per me e per la mia famiglia. Non me la sentivo di lasciare ad altri una vecchia tradizione di famiglia che avrei potuto portare avanti io>.
Quello di Elena Fucci è uno dei vigneti più antichi e più vicini al vulcano. <Così ho deciso di intestare l’azienda a mio nome – continua la giovane imprenditrice -. Non è stato facile. Ho rilevato un’azienda medio-piccola. Ora invece il vino che produciamo occupa una fascia di mercato medio-alta. Insomma, ci ho messo la faccia. Oltre ad essere enologa mi dedico alla cura agronomica. Sono pienamente soddisfatta di ciò che ho creato e sono contenta soprattutto di aver scongiurato la vendita dei terreni che mia madre e mio padre, che sono insegnanti, non avrebbero potuto coltivare secondo i metodi voluti da mio nonno. Non potevo sopportare l’idea che gli eventuali acquirenti facessero qualcosa di grande in quei vigneti più vecchi del Vulture. Ora mi occupo personalmente del marketing e della commercializzazione dell’Aglianico, il 30 per cento in Italia e il 70 all’estero. Un unico vino, il “Titolo”, che prende il nome dalla Contrada Solagna del Titolo dove ha sede la cantina>.
Tanti ambiti riconoscimenti
E i risultati non sono mancati. L’azienda dell’intraprendente Elena Fucci ha inanellato una serie di riconoscimenti, l’ultimo, in ordine di tempo, i tre bicchieri del <Gambero rosso> e l’eccellenza dell’Espresso. Ma il più bel <premio> è sicuramente quello che ha fatto a se stessa e alla sua famiglia, riconvertendo un terreno <che sicuramente sarebbe finito in altre mani>.
E’ una storia di sacrifici e passione. Una storia di una vocazione mai interrotta. Una sfida vinta. <L’immagine della Basilicata in questi ultimi quindici anni – osserva Elena – è migliorata grazie alla produzione del vino e di altri prodotti in generale. L’Aglianico oltre che un buon vino è un simbolo della nostra regione. Da solo è diventato un prodotto trainante, capace di attirare turisti, che vengono a visitare la mia cantina, la prima della Basilicata in bioarchitettura, cogliendo l’occasione per ammirare tutto il territorio>.
Uniti si vince. Un grande risultato, infatti, è stato anche quello di riuscire a fare sistema. <Abbiamo creato un consorzio – spiega Elena Fucci – una sorta di ente di aggregazione dove è possibile portare avanti un progetto comune per promuovere l’Aglianico del Vulture>. Un confronto utile, che fa crescere tutta la Basilicata. E soprattutto un motivo di vanto per la giovane imprenditrice, artefice del proprio destino.
Nella foto Elena Fucci mentre assaggia il vino da lei prodotto