Intervista a Massimo Lanzaro autore de: “Il medico dell’anima – Critica alla psichiatria dell’era pandemica”

Massimo Lanzaro – medico, psichiatra, psicoterapeuta e neuroscientista – è stato Primario e Lecturer al Royal Free Hospital di Londra, Direttore Sanitario in Italia e in Inghilterra, didatta con il Centro per la prevenzione delle psicosi UNIMORE/AUSL RE. Attualmente è Dirigente Medico e scrive sulle riviste B-liminal (UK), sulla C.G. Jung Page (US), su Ibridamenti/2 e collabora regolarmente con Psychiatry Online Italia. Complessivamente è autore di più di 20 articoli pubblicati su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, di oltre 100 scritti che analizzano il cinema, l’arte, la letteratura e la poesia con approccio psico-sociologico, degli ebook “Nel punto atomico dove scompare il tempo. Saggi di psicologia” (2013), “L’effetto Casimir. Nuovi saggi di Psicologia” (2015) e “Il mito della normalità” (2018). Con la casa editrice Mimesis ha pubblicato il volume “Lo schermo e la diagnosi” (2019).

 

Dottore lei è un medico, uno psichiatra, uno psicoterapeuta e neuroscientista ci racconti come è arrivato a costruire una carriera eccellente come la sua?

Masticando ogni metro, dice una canzone. Accettare la sfida di lavorare come Primario all’estero all’età 33 anni è stato sicuramente una sfida determinante. Le dirò una cosa controcorrente: di solito a questa domanda si risponde “non mollando mai”. Ebbene per me è stato il contrario: ogni volta che mi son sentito vicino al cosiddetto burn-out, ad una forma di “stanchezza” ho sentito come doveroso fermarmi, anche mollare, per recuperare energie, raccogliere le idee e ricominciare. Non si può fare il bene dei pazienti se non si sta bene con se stessi.

Oltre la medicina, chi è il dottor Lanzaro nella veste di scrittore?

Un saggista appassionato di arte, cinema e fotografia. In rete si possono reperire facilmente numerosi miei scritti riguardanti questi argomenti su vari siti (Pol.it, Ibridamenti 2, Il Quorum, CG Jung Page, Il Blog di Gabriele La Porta etc.).

Ci parli di questo saggio dal titolo introspettivo; “Il medico dell’anima”

Ci tenevo a ritornare a parlare di ψυχή, ovvero di anima, termine dimenticato dalla medicina (non ve n’è traccia nei manuali). Forse è un termine scomodo perché comporta il trovarsi di fronte ad un affresco sconfinato di ipotesi, dove v’è posto per i viventi come anche i defunti, o anche per coloro che in un certo senso più non sono, ma che altrimenti continuano ad essere, perciò si comprende quanto sia necessario proporre nuovamente all’attenzione scientifica un tale tema, che ha origini profondissime. Secondo Hillman per un essere umano coltivare la propria anima (“fare anima”) significa potenziare le proprie capacità di ascolto, percezione, operando in direzione del trascendimento dell’io; mentre, al contrario, trascurarla comporta la perdita del significato profondo dell’esser uomo, inaridendo e avviandosi sostanzialmente all’appassimento.

È un’interessante raccolta di interventi incentrati sulle patologie psichiche che si sono particolarmente sviluppate in tempo di covid può essere più specifico e anticipare qualcosa?

Sono tuttora in corso studi per valutare:

1)      l’impatto della pandemia e delle misure di quarantena sulla salute mentale della popolazione in termini di sintomi ansioso-depressivi (che sono presenti);

2)      la percezione della solitudine e di isolamento sociale percepito;

4)      il ruolo di Internet e della rete sociale in questo delicato momento come “strategia di difesa”.

5)      la comparsa di sintomi precoci di patologie di tipo psicotico.

Più specificamente sembrano essere in aumento i seguenti raggruppamenti (Cluster) di disturbi psicologici e/o psichiatrici:

  • Cluster Disturbi di Ansia
  • Cluster Depressioni
  • Cluster Esordi 

Il saggio a quale pubblico è adatto?

Il libro, scritto in maniera divulgativa e quindi ampiamente accessibile ai ‘non addetti ai lavori’, è ulteriormente interessante perché pur volendo essere una critica al sistema sanitario, è ricco di gustosi aneddoti che spaziano dalla letteratura (imperdibile ad esempio quello del “furbo Hans”) al cinema (vecchia passione dell’autore) fino alla vita vissuta (altrettanto sorprendenti quelli che raccontano vicende apparentemente assurde capitate in una corsia di ospedale). Si potrebbe dire che esistono diversi livelli di lettura.

Tra le sue pubblicazioni quale altro libro ha rappresentato per lei un passo importante come autore, lo può citare?

Molto probabilmente, per il riscontro ricevuto, “Lo schermo e la diagnosi”, Mimesis editore. L’idea fu che a ben vedere la psichiatria e il cinema hanno in comune il tentativo (con intenti ed approcci ovviamente diversi) di comprendere, descrivere, spiegare e prevedere, seppure nella maniera frammentaria che ci consentono le infinite sfaccettature dell’anima, i sentimenti, i comportamenti, le emozioni e più in generale le vicende umane. Questa apparente ipersemplificazione si è rivelata in pratica di enorme utilità per un testo utile alla formazione di studenti, psicologi, medici e operatori della salute mentale, per psichiatri già esperti ma alla ricerca di un punto di vista differente, per i familiari di pazienti psichiatrici o semplicemente per i curiosi e gli appassionati della settima arte.

Quali sono i suoi progetti futuri in campo editoriale?

L’editoria in questi anni sta vivendo enormi cambiamenti: da un lato, si assiste alla nascita di nuovi gruppi che tendono a governare il mercato intervenendo, oltre che a livello produttivo, anche distributivo; dall’altro, si osserva sempre di più la difficoltà degli editori (o degli autori) indipendenti di emergere sul mercato e di dare visibilità alle loro proposte. Tuttavia esistono sentieri diversi e possibili che sto esplorando.

 

 Lisa Di Giovanni

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