La Qas’at è una preghiera impressa nella tradizione della pasticceria siciliana

Pur non essendo stata una delle migliori dominazioni (nel caso specifico è quanto mai attuale il suo

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termine, considerati i metodi sanguinari con cui si è imposta e la forte resistenza locale), non paragonabile, come afferma lo stesso Pasquale Hamel, alla civiltà bizantina che aveva già costruito il contesto di civilizzazione e di splendore che faceva dell’isola la perla dell’impero (Siracusa nel 600 d.c. fu capitale dell’impero) e pur non potendo, essa, in alcun modo essere paragonata ai periodi più luminosi per l’isola (periodo normanno e borbonico),  quella araba è destinata a lasciare, comunque lo si voglia interpretare, un segno e una impronta nello sviluppo dell’isola e in alcune usanze, modi di fare.

La cucina, naturalmente, non è immune.

Sono gli arabi a importare, per primi, nella Trinacria il pistacchio, il cedro, l’arancia amara, la mandorla, il limone  e la canna da zucchero, ingredienti che, oggi, sono base di alcune ricette della tradizione siciliana e che, per l’eccezionalità e l’esclusività dei sapori, sono destinati a rappresentare la differenza con le altre tradizioni gastronomiche italiane.

La leggenda vuole, e come in ogni origine incerta si perde nella poesia del racconto e nella sua tradizione, che la realizzazione della prima cassata sia frutto di un caso fortuito, la mescolanza di ricotta e zucchero per lo spuntino notturno di un pastore.

Il nome, infatti, sembra derivare proprio da qui.

C’è, però, io tra questi, chi pensa si tratti del termine arabo quas’at o Kassat.

Il termine indicava la casseruola entro la quale si realizza lo stampo per confezionare questo strepitoso dolce.

Non in ultimo c’è  chi ipotizza una origine legata a caseum ovvero al formaggio, quella splendida ricotta a cui è demandato il compito di esaltare il gusto della “Cassata siciliana”.

Nasce, quasi in epoca coeva, la prima versione della cassata, pensata e realizzata al forno.

La tradizione vuole che i cuochi alla corte dell’Emiro stabilitosi a Palermo, avvolgessero l’impasto di ricotta nella pasta frolla e la cucinassero per renderlo una vera torta.

Il dolce, per taluni storici, Pasquale Hamel tra questi, venne, soprattutto, elaborato in periodo normanno come evoluzione di pietanze preparate dai pastori della Sicilia centro-meridionale.

Tradizione, storia e poesia che nascondono l’amore profondo che i siciliani nutrono per questa regina dei dolci.

La trasformazione che segna il passaggio alla cassata siciliana, come tutti la conosciamo, è determinata, nel periodo normanno, ancora una volta, dalle suore del convento della Martorana di Palermo, più famose per avere creato la pasta reale (appunto Martorana), a base di farina di mandorle. Pasta che, con l’evoluzione del dolce finirà con il rivestirlo sulla sua parte esterna laterale quasi a preservarla dal calore e da ogni infiltrazione d’odori che ne potrebbe alterare l’unicità e l’eccezionalità.

di Antonio Fundarò

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