L’ANALISI/ La vittoria del Referendum delle repubbliche del Donbass sancisce la forza russa sul territorio (di Michela Pisu)

Dal 23 al 27 settembre nelle repubbliche di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporozhye si è vissuto un momento di alta strategia politica. Il referendum per decidere sul futuro della zona più colpita dalla mannaia dei nazisti ucraini è stato un successo: le terre del Donbass sono finalmente tornate all’interno del seno materno della Grande Madre Russia. Quattro giorni di vera democrazia che hanno reso ancora più patetiche le elezioni politiche italiane, avvenute il 25 settembre, in cui il concetto di sovranità popolare non solo è manipolato già prima dell’entrata alle urne, causa una legge elettorale costruita ad hoc per rendere impossibile una maggioranza assoluta, ma anche dopo il voto sembra che gli scontenti si sentano in diritto di apostrofare come una mancanza di diritto il diritto di chi ha deciso di votare o anche di non votare. Oui, c’est la vie, On va s’aimer, on va danser. Non resta che vedere dove ci porterà la musica e pure i piedi.

Le votazioni per il referendum hanno da subito visto un’affluenza altissima (nonostante le minacce e il timore di ripercussioni da parte ucraina): nelle oblasti di Lugansk e Donetsk, nel Donbass, i “sì” hanno raggiunto rispettivamente il 97,82% e il 97,91 %, con il 14% dei voti scrutinati; nelle zone in cui si è votato nella regione di Zaporizhzhia i favorevoli all’unione con la Russia risultano il 98,19% con lo spoglio giunto al 18%, mentre in quella di Kherson sono stati il 96,97% con il 14% delle schede scrutinate. Con il 100% di voti scrutinati i residenti delle repubbliche hanno votato Sì per l’adesione alla Russia: un plebiscito che gli atlantisti nostrani ed europei hanno liquidato come farsa. Perché per questi signori la democrazia, quella vera, è solo il teatro dell’assurdo.

«Siamo insieme alla Russia, è certo che l’adesione alla Russia garantirà libertà, vita, pace, comprensione reciproca e benessere alla popolazione della regione». Ha dichiarato Vladimir Rogov, leader della repubblica di Zaporozhye.

«Il popolo del Donbass vuole essere padrone del proprio destino». Le parole del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov.

Oggi, 28 settembre, la Duma procederà per l’annessione delle regioni alla Russia e venerdì 29 settembre voterà il Consiglio della Federazione. Dopo di che Putin, il 30 settembre, consegnerà un messaggio all’Assemblea federale annunciando la riunificazione delle quattro regioni alla Russia. La tempesta perfetta è stata rivelata al mondo intero, il falco ha mostrato il suo volo con tutta la potenza della sua apertura alare. Ora, il mondo intero però, si chiede cosa accadrà a partire dal 1° ottobre. Secondo indiscrezioni moscovite Dmitry Rogozin, fondatore del Gruppo Wagner (Compagnia militare privata, balzata alle cronache internazionali durante gli 8 anni di guerra in Donbass, per l’aiuto dato alle forze separatiste delle repubbliche popolari di Doneck e Lugansk), potrebbe diventare governatore di un nuovo distretto federale della Russia che includerebbe la  Crimea, le attuali Repubbliche di Lugansk e Donetsk e le regioni di Zaporozhye e Kherson, ovvero tutti i territori annessi alla Russia attraverso i referendum.

Se la guerra fosse arte, Putin sarebbe Kandinsky. E se le belligeranze si basano sull’inganno, come scriveva Sun Tzu nell’Arte di fare la guerra: «Qualsiasi campagna di guerra deve essere risolta in apparenza; fingere disordine, non mancare mai di esca al nemico per attirarlo, simulare l’inferiorità per incoraggiare la sua arroganza, sapere come suscitare la sua rabbia per farlo cadere meglio nella confusione: la sua lussuria te lo getterà addosso per sé», è evidente che il presidente russo ha saputo aspettare il momento giusto per decidere per l’escalation bellica, dopo la fase della cosiddetta operazione speciale sul territorio ucraino. «Washington sta spingendo Kiev a trasferire le ostilità nel territorio della Federazione Russa, è stato utilizzato il ricatto nucleare. Quando la sua integrità territoriale è minacciata, la Russia usa tutti i mezzi disponibili, questo non è un bluff». Il presidente russo ha dunque dichiarato senza mezzi termini che sa benissimo che il governo ucraino de facto agisce sotto il comando dei consulenti della Nato. «La Russia è in guerra contro l’Occidente collettivo – ha dichiarato il ministro della Difesa russo Shoigu – dal momento che la stessa Ucraina ha esaurito le armi da tempo: sono morti 100 mila ucraini, ma non siamo in guerra contro l’Ucraina, semmai contro l’Occidente».

L’Ucraina, e tutti coloro che hanno puntato questo territorio perderanno, non solo la possibilità di impostare uno scacco matto alla Russia da un punto di vista strettamente bellico (si tratta infatti di una regione al confine con la Federazione, creando ovvie preoccupazioni a Putin), ma saranno privati dei territori ricchi di giacimenti minerari, con un’industria sviluppata e un grande potenziale economico, industriale e umano, un’industria mineraria sviluppata, trasporti e infrastrutture industriali: fino al 2014, solo le regioni di Donetsk e Lugansk rappresentavano insieme il 16% del PIL dell’Ucraina. L’integrazione delle regioni agricole di Zaporozhye e Kherson trasformerà la Federazione Russa nel più grande attore nel mercato dei cereali. Non solo. Odessa resterà l’unico punto di accesso dell’Ucraina al mare e, contemporaneamente Odessa resterà nella sfera di interessi della Federazione Russa. In pratica l’Ucraina sta perdendo circa 9 milioni di persone che, secondo l’ottica meramente economica, rappresentano 9 milioni di investimenti in meno che, ovviamente traghetteranno nel campo legale russo.

Ma la tempesta perfetta va vista anche secondo l’ottica prettamente geopolitica: l’impegno militare russo in Ucraina non potrà più essere caratterizzato domesticamente come una operazione militare speciale in territorio straniero, semmai una guerra in piena regola su territorio russo. Il che significa che chi colpirà le neo repubbliche indipendenti starà dichiarando guerra alla Russia. Senza se e senza ma: i territori russofoni saranno equiparati alle regioni della federazione russa, con la medesima costituzione vigente.

Non a caso la mobilitazione dei riservisti è già in atto. Saranno esentati dalla chiamata alle armi solo coloro che sono riconosciuti non idonei alla guerra per motivi di salute e familiari. Anche l’industria civile, almeno in parte, sarà riconvertita in industria bellica. Per la serie: l’occidente voleva la guerra? E guerra sia. I tentativi da parte della Russia, di moderare il conflitto attraverso il dialogo, sono stati declinati con alzate di spalle. Ma del resto questo è l’atteggiamento che l’occidente ha sempre avuto davanti alle richieste di Putin di non oltrepassare i confini geopolitici.

Secondo l’agenzia Resident UA6 parrebbe però esserci un ulteriore ultimatum russo a Kiev che, se rifiutato, seguirebbero una serie di attacchi massicci contro l’infrastruttura ucraina. Resta da capire se in questa nuova fase di guerra ci sarà anche l’uso del nucleare.

Intanto l’occidente sta attuando la strategia del terrore: il sabotaggio del gasdotto Nord Stream nel Baltico, ne è una prova. Si sospetta infatti che il gasdotto sia stato fatto saltare in aria dai servizi speciali della Gran Bretagna o degli Stati Uniti per chiudere definitivamente la questione delle forniture di gas alla Germania e completare la sua piena vassallizzazione economica. La larghezza della fuga in superficie è di diverse centinaia di metri. Nei gasdotti c’erano circa 500 milioni di metri cubi di gas. Ciò corrisponde a un consumo medio in Germania di circa 2 giorni. Sulla base dei prezzi correnti sul mercato del gas della UE, questo volume ha un valore di mercato di oltre 800 milioni di euro. Il gas nel gasdotto appartiene alla stessa Nord Stream 2 AG e Gazprom ne è azionista al 100%.

Il tentavo di puntare il dito sulla Russia appare assurda anche per coloro che sventolano bandiera Ucraina con la stessa incoerenza con la quale da almeno due anni sventolano arcobaleni e hashtag.

Intanto, l’Italia si appresta a indossare i nuovi vestiti dell’imperatore. Come già annunciato da mesi sul nostro quotidiano, previa analisi strutturale dei giochi di potere, la Meloni ha vinto le elezioni politiche, senza dimenticare la discreta percentuale dei pentastellati nel mezzogiorno. Non resta che chiedersi se il suo sia uno scettro o piuttosto il cerino corto. L’esercito degli astenuti ha messo in evidenza che gli italiani sono stanchi delle dietrologie: il numero di elettori che ha votato è stato pari a 28,9 milioni; il numero di voti assegnati a tutti i partiti è stato pari a 28 milioni; le schede bianche e nulle sono state pari quindi al 3%. Ergo, il numero dei non votanti effettivi è del 40%.

Qualcosa sta cambiando. L’ottimismo porta a vedere il bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto, che tradotto suona un po’ come peggio di così non si può andare.

Si respira una nuova aria: se il mondo unipolare dovesse venire meno, allora le porte prima sprangate potranno essere aperte. Sarà per questo che il capo della Catalogna ha annunciato la sua intenzione di indire un nuovo referendum sull’indipendenza?

Il presidente della Generalitat, Pere Aragonès, ha mostrato l’intenzione di proporre al governo centrale un accordo di chiarezza per gettare le basi e concordare un referendum di autodeterminazione, un meccanismo simile alla Legge sulla chiarezza che il Canada ha approvato per l’indipendenza dal Québec. Lo ha annunciato nel suo discorso al Dibattito sulla politica generale in corso in Parlamento. «Una proposta inclusiva perché rivolta a tutti i democratici, indipendentisti o meno. E una proposta spiegabile e omologa a livello internazionale perché altri Paesi sono partiti da proposte simili e perché senza alcun dubbio apre le porte che finora sono rimaste chiuse» ha sottolineato.

Il mondo si chiede cosa accadrà a partire dal 1° ottobre?

La risposta è nelle parole di Lavrov, durante l’assemblea dell’Onu: «Davvero non parlate il russo? Questo è il momento giusto per impararlo».

Michela Pisu

(Fonte: http://press.russianews.it/; www.today.it; https://letteradamosca.eu; www.lacrunadellago.net; https://www.notimerica.com/)

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