Il maestro Giuseppe Ganga, conosciuto e assai apprezzato, negli anni, per via della sua inconfondibile e ineguagliabile matita (capace di dare vita alle meraviglie artistiche, architettoniche e ambientali della nostra isola, con un alternarsi di chiaro scuri che lo hanno reso unico e inimitabile), ritorna a far parlare di sé, nonostante l’incedere degli anni che l’hanno migliorato e perfezionato (oltre ciò che già era e già rappresentava) per essere riuscito a combinare la sua pittura sublime con la forza e l’elettrizzo artistico contagioso di chi ha ancora desiderio da un lato di elevarsi quasi con un processo catartico a Dio e dall’altro di elevare la sua anima e quella di coloro i quali guardano astatici lasciandosi trasportare, inebriati, della talentuosa pittura del Magister. Giuseppe Ganga, pittore alcamese, è senza dubbio un artista compiuto. Un artista in grado di contagiare un pubblico sempre più numeroso e vieppiù appassionato della sua arte.
Sempre accolto con grande entusiasmo, espone questa volta al Centro Congressi Marconi di Alcamo, nella sala espositiva Nicola Rubino, con una personale intitolata “Luce e colore”, voluta dall’Associazione socio-culturale “Pedagogia olistica Siciliana” Alcamo, spinto ancora una volta dal desiderio di esplorare i significati più assoluti della limitazione umana e del rapporto di questa con le palpitazioni, talvolta prepotenti e forti, del nostro pianeta. Egli, quasi rivitalizzato dagli anni che passano e dalla sua lucida visione del mondo, piglia suggerimento, per i suoi dipinti, dalla di lui vita, dai suoi entusiasmi e da quelli dei suoi tanti illustri punti di riferimento, lavorando, soprattutto, con colori acrilici (talvolta a olio, in alcune tele) che amalgama sulla tavolozza, magistralmente, per creare stravolgenti lavori surrealistici, tanto straordinari da valutarlo, a priva vista, capaci di immortalare i momenti unici di questo, inarrestabile, divenire umano. Giuseppe Ganga che potrei definire un pittore neo-surrealista contemporaneo, muove la sua ispirazione dai suoi fantastici sogni, dai viaggi dell’anima e da vicende di esistenza, sia personale che, principalmente, artistica, che sono capaci di dar vita a climi unici e colori intensi che, a ben guardarli, ci rammentano il grande e insuperabile Salvador Dalì che tanto ha inciso, con la sua produzione artistica, nella crescita di molti di noi; di molti di quelli che sognano un mondo migliore pur essendo esso rappresentato nella sua lacerazione umana e esistenziale. Che splendido e meravigliosamente emblematico è quel monumento attaccato e divorato da formiche nere giganti. Che pathos!
Giuseppe Ganga sceglie come modelli delle sue rappresentazioni surrealistiche gli esseri umani (spesso ritratti, sebbene ne nega la cosa, da situazioni vicine a lui) e gli animali alle prese, questi, con catastrofismi umani e ambientali; tra intensi paesaggi onirici, scenografie marine e ritrattistica questa piegata alla sua nuova modellazione delle forme; di tutte le forme. Vi sono evidenti richiami al suo scontro personale con la mutazione, incontrollabile, della nostra società, della nostra cultura, del nostro territorio. L’universo, quello di Ganga, nella sua arte, presagisce e insegue due anime: una integrale ed eterna, l’altra autorevole e carica di robustezza demolitrice. I suoi lavori artistici sprigionano (attraverso ogni singola pennellata), energia. Incavando a fondo il suo pennello, egli esalta il requisito umano fondamentale e, attraverso i rapporti sociali di questo, ci induce e ci rimanda alla pochezza della nostra umanità che è costretta a soccombere al vigore primitivo della natura. Dote e bontà sono il basamento della sua fama artistica, similmente e parimenti alla sua tecnica, tanto completa da trasformare, con un alito artistico, la superficie delle tele lisce e sature di colori, in luci ed emozioni vivifiche e proiettate verso Dio. È grandioso abbandonarsi all’interno della sua arte. Quella che percorre i significati planetari (accanto al presupposto umano) attraverso racconti visivi e metaforici o, unicamente, attraverso una necessaria critica dell’uomo incapace di diventare “grande” e che gioca, purtroppo, ancora, a fare il grande.
La mostra chiude i battenti il 3 di Maggio 2017.
