Il paese che “non c’è”, presto ci sarà. Sembra un gioco di parole, un paradosso. Invece è una magia che si rinnova. Parliamo infatti di Craco, definito più propriamente il “paese fantasma”. Domani infatti (1° marzo) riaprirà il Parco museale scenografico, una sorta di set naturale, nel centro storico di Craco (in provincia di Matera), dopo l’intervento di messa in sicurezza avvenuto in seguito a un incendio, nell’agosto del 2020, che aveva interessato il tunnel del percorso di visita. Il parco museale era stato chiuso in seguito a un’ordinanza del sindaco per ragioni di sicurezza. Ieri mattina, nel convento di San Pietro di Craco, è avvenuta la cerimonia ufficiale di riapertura del Parco museale scenografico.
Ora sarà tutta un’altra musica. Nel corso dell’anno, infatti, si prevedono 50mila visite, un flusso enorme giusto per non interrompere una tradizione che aveva trasformato il borgo lucano in una sorta di museo all’aperto, dopo lo sgombero avvenuto negli anni ’60 in seguito a una frana. Craco quindi era stato uno dei primi paesi della Basilicata, ora alle prese col triste fenomeno dello spopolamento, ad essere abbandonato dopo un fenomeno naturale di frane e smottamenti del terreno, che in verità interessa gran parte della Basilicata. Un paese piccolo ma caratteristico. Un borgo diventato una fiaba nell’immaginario dell’opinione pubblica e in tutti coloro che lo hanno visitato. Un paese che sorge a 361 metri di altezza.
Centro torico come un guscio vuoto
Da allora in poi il centro storico di Craco è rimasto come un guscio vuoto. Un centro storico caratteristico, che ovviamente è stato abbandonato da tutti coloro che vi abitavano ma che ha sempre mantenuto una sua anima sia nel racconto di chi ha dovuto trasferirsi altrove che di tutti i visitatori che – soprattutto in estate – in questi anni hanno dato luogo a lunghi “pellegrinaggi” per ammirare il paese-fantasma.
Certo, ognuno potrebbe fare ricorso alla propria fantasia, chiamandolo in un altro modo, ma la sostanza non cambia. Perché Craco è ormai un paese ch’è possibile solo immaginare. O visitare come è possibile visitare un museo. E ripopolarlo con la fantasia. Ma siccome anche l’occhio vuole la sua parte, questo paese ogni anno – come dicevamo – prima di dire stop alle visite – era preso d’assalto da turisti, esploratori (che si interrogano ancora su come quasi un intero agglomerato urbano sia potuto scomparire per effetto di una frana) e tanti curiosi, ansiosi di toccare con mano questa realtà ormai scomparsa (ossimoro).
In molti si chiedono: come era questo paese quando esisteva? Come si svolgeva la vita all’interno delle case e in pubblico? La risposta può essere una sola: come si svolge oggi nella maggior parte dei paesi della Basilicata, una vita cadenzata in modo lento e compassato. E aspettando la sera, perché domani è un altro giorno, di duro lavoro, principalmente nei campi agricoli o nel campo dei piccoli lavori artigianali, come il resto della Basilicata. Con una differenza: che tutti un bel giorno (nel 1963), mentre erano intendi a vivere la loro vita all’insegna della normalità, sentirono un boato. Una frana (fenomeno diffuso in Basilicata) che diventò sempre più preoccupante suggerendo alle autorità intervenute di evacuare il paese.
Craco svuotata in poco tempo
Così in poco tempo Craco si è svuotata. Di coloro che vi abitavano e delle loro anime. Tutti hanno trovato rifugio nel nuovo comune di Craco Peschiera. E ora questo paese, che si trova in una zona collinare e che un tempo era un insediamento bizantino, da lontano sembra una scultura medievale circondato dai calanchi. Insomma, il destino dei lucani <sfrattati> da frane, terremoti e (soprattutto i giovani) dal lavoro che non c’è.
Qualcuno però è rimasto. Qualcuno si è rifiuttato di abbandonare la propria casa sradicando abitudini quotidiane, ricordi e affetti. E nel paese fantasma è sbocciata anche qualche nuova vita. “Ho sempre vissuto a Craco”, dice Filomena D’Elia che l’11 marzo scorso ha dato alla luce il figlio Samuele. “Con Samuele e mio marito Antonio il futuro lo sogno ancora nella mia amata Craco. Certo mancano i servizi e per questo mi auguro che in futuro ci siano migliori condizioni di crescita e sviluppo. Ma da noi anche se hai un titolo di studio è difficile trovare lavoro e spesso non rimane che fare valigie”.
A Craco vecchia, ormai deserta, sembra di sentire ancora le voci delle persone che popolavano l’abitato e i rintocchi delle campane. I brusii. I silenzi, che anche qui non erano certo assordanti come adesso. Del vecchio paese restano le case in pietra (disabitate) aggrappate alla roccia. Si distinguono ancora la torre normanna, in posizione dominante rispetto all’antico borgo. Ma è rimasto intatto tutto il patrimonio sacro: il convento francescano (1630), la chiesa madre dedicata a san Nicola vescovo (vivono ancora l’ingresso monumentale e il campanile), la chiesa Madonna della stella e la chieseta di sant’Eligio.
Ora anche i ruderi hanno il loro fascino
Ciò ch’è rimasto sono solo ruderi, che però non hanno levato forma e bellezza a Craco. Che anzi è diventato ormai patrimonio universale. Un bene di tutta l’umanità, simbolo di una realtà territoriale scomparsa a causa dei capricci della natura. E il simbolo di una Basilicata che ormai rischia di perdere la sua identità per effetto dello spopolamento, che sta purtroppo coinvolgendo tutta la regione e che potrebbe raggiungere – se non si corre ai ripari – il punto di non ritorno nel 2050. Ma questo è un altro discorso. Un discorso scottante. Un paese dunque avvolto in un singolare destino. La frana ha cancellato gran parte del borgo, ma non la sua storia.
Non resta che scarpinare…
Visitare oggi Craco vuol dire scarpinare dopo essersi equipaggiati di tutto punto come archeologi (infatti nel corso delle visite che riprenderanno dal 1° aprile a tutti i visitatori sarà consegnato un elmetto), visto che prima di scorgere i suoi <resti> bisogna salire, salire, e ancora salire. Spesso attraverso percorsi impervi. Fino a sfiancarsi. Come è possibile immaginare, Craco è stato oggetto di studio e di approfondimento ed ora è lì, come un paese-museo, che ogni anno attira pletore di turisti. E infatti è stato anche studiato un percorso di visite guidate lungo un itinerario, messo in sicurezza, che consente di percorrere il corso principale del paese.
Un percorso tra realtà e multimediale
Oltre alla parte “rimasta” ora sarà possibile capire, grazie alla riapertura del museo, i tutti i suoi risvolti del paese com’era prima della frana. Un paese dell’anima: l’interesse è alto e, perché no, le emozioni non mancano. Proprio per questo è nato il museo emozionale di Craco (Mec) nel monastero di san Pietro. Ed è proprio il Mec una delle tappe più significative delle visite guidate. Il tour completo ha una durata di due ore (una nel centro storico). Inoltre Craco, dagli anni ’60 in poi, è diventato un set cinematografico. In questo pittoresco borgo, per fare un solo esempio, è stata girata la scena del tradimento di Giuda e la successiva impiccagione nel film <The Passion> di Mel Gibson. E tanti altri film Riecco la Basilicata set cinematografico. Insomma, un paese che ormai fa parte della leggenda.
Una veduta panoramica di Craco, il paese fantasma. Pittoresco parco abbandonato per una frana negli anni 60