Sardegna con le stellette: il 65% delle servitù militari è nell’isola. Proteste anche dagli indipendentisti corsi

La Sardegna è grigioverde e ha le stellette: quasi il 65% delle servitù militari presenti sul territorio nazionale è concentrato in Sardegna. Oltre 30 mila ettari del territorio sardo sono vincolati per uso militare, dei quali circa 13 mila sono gravati strettamente da servitù militari vere e proprie. Per questa ragione, 80 chilometri di costa non sarebbero accessibili per le attività economico-turistiche. I poligoni di Perdasdefogu e Teulada sono i più vasti di Europa.

I dati sono stati divulgati a Cagliari dai gruppi delle opposizioni del Consiglio regionale della Sardegna, Pd, Progressisti, Movimento 5 Stelle, Alleanza Europa verde-Sinistra-Possibile-Articolo 1 che, accogliendo una proposta dei movimenti politici indipendentisti iRS, ProgRes e Torra, hanno presentato un ordine del giorno, firmato da 32 consiglieri, inclusi anche quelli della maggioranza, tranne di FdI. Il documento è stato approvato all’inizio di febbraio dell’Aula.

Anche la Corsica non sta meglio e rilancia la Consulta con la Sardegna

Una mozione analoga è stata votata anche dall’Assemblea Corsa per conoscere lo stato delle servitù militari in Corsica. Nel documento presentato in Consiglio regionale della Sardegna si chiede al presidente della Regione, Christian Solinas, che sia “nominato un soggetto terzo, internazionalmente autorevole, ufficialmente riconosciuto e di alto prestigio scientifico al quale commissionare una valutazione indipendente per capire cosa abbia comportato la presenza delle basi militari in Sardegna negli ultimi 50 anni in termini di costi reali, benefici, impatto sociale e ambientale ed eventuale mancato sviluppo economico”.
I consiglieri di minoranza sollecitano Solinas anche a “interrogare il Governo e il Ministero della Difesa per conoscere a quanto ammontano i ricavi dello Stato derivanti dall’affitto dei poligoni ad eserciti di tutto il mondo” e “a riunire la consulta Sardo-Corsa per valutare la possibilità di intraprendere un percorso comune per elaborare una proposta di trasparenza e di democrazia nel nome del diritto alla conoscenza che faccia chiarezza su cosa comporta a livello economico, ambientale e sanitario la presenza delle basi militari in Sardegna e in Corsica”.

Nel 2016 era stata istituita la Consulta Sardo Corsa, nata con l’obiettivo di predisporre atti, documenti e iniziative per raggiungere obiettivi comuni, e salvaguardare e valorizzare le identità dei sardi e dei corsi, ma dopo il rinnovo del Consiglio regionale e dell’Assemblea della Corsica non si è più riunita. Gianfranco Ganau, capogruppo del Pd, ha precisato che “è dal 1981, anno della prima Conferenza sulle servitù militari, che si è posto il problema di un loro riequilibrio, che però non è stato mai realizzato con procedure trasparenti e continue, e che ha avuto solo un parzialissimo risultato, con l’accordo fatto dall’ex Giunta Pigliaru, che ha liberato parzialmente alcune aree in determinati periodi, senza però una reale e sostanziale riduzione del loro impatto”.
Simone Maulu, portavoce del movimento indipendentista Irs, ha evidenziato che “l’obiettivo dell’ordine del giorno è capire cosa abbia “comportato per la Sardegna la presenza negli ultimi 50 anni delle basi militari, non solo per una questione economica, ma soprattutto per una nostra dignità morale”. Petru Antone Tomasi, rappresentante dell’Assemblea Corsa e portavoce del movimento indipendentista Corsica Libera, ha aggiunto che “come in Sardegna anche in Corsica c’è un’analoga situazione, forse anche per la posizione strategica che hanno le due Isole, anche se da noi non c’è la stessa concentrazione di servitù militari. Pure noi vogliamo sapere quali sono i costi di queste basi e riteniamo importante che la Consulta Sardo Corsa si possa di nuovo riunire, per portare avanti la battaglia”.

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